7 Peccati Capitali
I 7 Peccati Capitali sono superbia, invidia, gola, lussuria, ira, avarizia e accidia.
Nella tradizione cattolica e ortodossa, corrispondono a quei vizi da cui tutti gli altri fluiscono.
Avendo realizzato, in collaborazione con altri registi, un film su questo tema ho voluto condividere i miei appunti.
In questo articolo troverai approfondimenti sui 7 vizi (fra arte, cinema, letteratura e storia) e spunti per nuovi studi.
7 Peccati Capitali : Le origini
I sette peccati capitali si fondano su un elenco sviluppato nel IV secolo DC dal monaco Evagrio Pontico (in latino Evagrius Ponticus, dal greco Εὐάγριος ὁ Ποντικός – Evagrio da Ponto).
Riprendendo l’antica concezione platonica, Evagrio individua nell’anima umana tre facoltà (concupiscibile, irascibile, razionale) dalle quali fluiscono tutte le nostre azioni.
Azioni intese nel senso esteso del termine, quindi parole, pensieri ed atti.
Quando queste tre facoltà operano in sinergia, l’uomo è armonizzato con se stesso, diversamente diventa preda e vittima delle passioni.
Evagrio si sofferma in particolare su Otto Pensieri del male ( dal greco λογισμοί ) e li elenca secondo questo ordine: Gola, Lussuria, Amore per il denaro, Tristezza, Rabbia, Accidia, Vanagloria e Orgoglio.
Nell’anno 590 DC Papa Gregorio I ha rivisitato l’elenco combinando tristezza con accidia, vanagloria con superbia ed aggiungendo invidia. Delineò quindi, quelli che oggi conosciamo come i sette vizi capitali.
Superbia, Avarizia, Lussuria, Ira, Gola, Invidia e Accidia.
L’acronimo SALIGIA (usato anche da Boccaccio) non è altro che l’insieme delle prime lettere dei peccati in questo preciso ordine.
Possiamo trovare le radici della ricerca, portata avanti da Evagrio Pontico, nel IV secolo AC con Aristotele.
Nella sua Etica Nicomachea, ritroviamo infatti concetti riguardanti vizi e virtù che in seguito verranno ripresi anche da Tommaso d’Aquino.
Secondo Aristotele, ogni buona qualità portata agli estremi può condurre al peccato.
Se prendiamo ad esempio, come dote, il coraggio troveremo imprudenza eccedendolo e codardia limitandolo.
Questo principio di virtù, trovata a metà fra eccesso e mancanza, è la nozione aristotelica del giusto mezzo.
“Abiti del male” sarebbero invece gli eccessi diventati abitudini, quindi i vizi.
Etimologia del Peccato
Il significato originale del termine Peccato tende a perdersi nella traduzione.
I primi traduttori della Bibbia spesso non erano persone religiose, ma scribi che traducevano al meglio delle loro conoscenze. Per questo l’intento degli autori originali potrebbe essere stato nel tempo compromesso.
Il termine inglese “Sin” (Peccato) risale circa all’anno 900 DC, deriva dalle parole anglosassoni “Synn” o “Syngian” (Offesa o Colpa) e probabilmente dal latino “Sons” :
Il colpevole / Colui che è / La vera persona.
Etimologia “Sons” è il participio presente della lingua protoindoeuropea ES- (i.e. *h₁s-ónt-), da cui “Sum” (dovuta a riduzione vocale, quindi -Sēns come forma derivata da “Sum”).
Come sappiamo, la Bibbia è stata originariamente scritta in ebraico (Antico Testamento) e in greco (Nuovo Testamento).
Il termine ebraico che viene più comunemente usato per indicare il peccato è חטּאה (Oltraggio) in quanto appare nell’Antico Testamento 272 volte, mentre la sua radice חטּא (Perdere) 220 volte. Nel Nuovo Testamento l’equivalente greco è ἁμαρτία, che indica il peccato in modo astratto.
Ora, tenendo presente che questi significanti possono variare ed assumere diversi significati a seconda della frase e del contesto, è interessante notare come le radici di entrambe le parole (חטא – ἁμαρτάνω) indichino lo stesso concetto: mancare.
In questa immagine abbiamo la prima volta che la parola “peccato” appare nell’Antico Testamento (Genesi 4:7). E due variazioni greche dello stesso termine (Giovanni 1:29 e Matteo 1:21).
Essere e mancare dunque. Torneremo su questi due termini.
“Capitale”, dal latino “Caput” (Testa), è la parte del corpo che dirige tutto: ogni peccato capitale porta ad altri peccati.
Quali sono i sette vizi e come riconoscerli
L’elenco dei 7 vizi capitali si apre con la Superbia.
Il Peccato di Superbia viene ritenuto il più antico e grave dei 7 Peccati Capitali, nella tradizione cristiana è il peccato di Lucifero, Adamo ed Eva. L’orgoglio è la porta attraverso la quale gli altri vizi entrano nell’anima mortale.
Si definisce Superba una persona che pensa di essere più preziosa e migliore delle altre.
Parte da questa consapevolezza il pensiero elitario d’appartenenza a un’organizzazione esclusiva.
Derivano da ciò: razzismo, sessismo e disprezzo per tutti gli altri che hanno meno capacità, meno riconoscimento sociale, meno bellezza o meno ricchezza.
Questo peccato si basa molto sull’apparenza e fissa la sua scala di valori su caratteristiche prettamente materiali.
La superbia viene scossa quando cambiano le circostanze esterne: le persone belle invecchiano o vengono mutilate da un incidente o da una malattia. I ricchi perdono la loro ricchezza, il loro status o posizione sociale.
Questo vizio è chiamato anche con altri termini: vanagloria, orgoglio, presunzione, arroganza.
Pena Capitale : Supplizio della ruota. Si legano i polsi e le caviglie del condannato ad una grande ruota. Con una mazza gli vengono rotte le ossa delle braccia e delle gambe.
Simbologia : La superbia è associata al colore viola e al cavallo.
Virtù Opposta :Umiltà. Guardare noi stessi per ciò che siamo, senza il confronto altrui significa modestia. Superbia vanità sollecitano la competizione. Se l’orgoglio di qualcun altro ti infastidisce, hai molto orgoglio.
Esempio Letterario: Emma (Jane Austen).
Emma Woodhouse è una ragazza bella, vivace e molto viziata. Sebbene intelligente, non ha la disciplina per praticare o studiare nulla in profondità, ciò, assieme alla sua superbia, comporterà gravi errori.
Invidia è la controparte della superbia.
Quando l’orgoglio trova le ragioni per giudicarsi migliore degli altri, l’invidia fa semplicemente il contrario. Tutto ciò che si possiede diventa senza alcun valore, mentre ciò che gli altri hanno acquista valore e desiderabilità.
Come la vanagloria anche questo peccato capitale si basa sul confronto con altre persone.
Tutto ciò che già abbiamo non importa, l’erba del vicino sarà sempre la più verde.
L’invidioso viene spesso confuso con il geloso. Si tratta tuttavia di emozioni diverse.
La gelosia è causata dalla paura di perdere qualcuno o qualcosa che in un qual modo si possiede.
L’invidia invece è un risentimento causato dal desiderio del possesso (qualità o fortuna) altrui. Spesso accompagnato dalla voglia di appropriarsene a qualsiasi costo.
Negarsi all’invidia è possibile solo apprezzando e provando gratitudine verso ciò che si ha e verso ciò che si è. Coloro che ci riescono saranno in pace con loro stessi e potranno anche godere dei successi altrui.
Pena Capitale : Il condannato viene immerso in acqua ghiacciata per l’eternità. Gli invidiosi, secondo Dante, sono fra i più lontani dal Paradiso e piangono per i loro peccati con gli occhi cuciti.
Simbologia : L’invidia, personificata come una donna anziana e magra che mangia il suo stesso cuore, viene associata al verde e al cane.
Virtù Opposta :Carità. Cercare attivamente l’amore degli altri per il loro bene è carità. L’invidia si offende per il bene che gli altri ricevono o potrebbero ricevere. L’invidia in questo è molto simile all’orgoglio.
Esempio Letterario: Otello (Shakespeare).
Il potere distruttivo dell’invidia è perfettamente evidenziato nell’Otello di William Shakespeare. Il dramma prende corpo quando Iago scopre che Otello preferisce selezionare un altro soldato (Cassio) piuttosto di lui come suo luogotenente personale.
Gola è sovrabbondanza, il consumo eccessivo di qualsiasi cosa fino allo spreco.
L’ingordigia non ha consapevolezza ne confini: prende tutto e lo divora. Alla base c’è l’idea: “Devo prendere tutto ciò che posso ottenere ora, domani non sarà più lì”.
Un esempio di una malattia che viene dal peccato di gola è il binge eating (impulso irrefrenabile che consistente nell’assumere velocemente grandi quantità di cibo, indipendentemente dalla fame).
Errore comune è pensare che questo peccato riguardi solo il cibo, quando invece è un eccesso di qualsiasi cosa.
Un esempio attuale potrebbe essere la “golosità” del sistema economico occidentale, culminato nella crisi bancaria.
Pena Capitale : I golosi saranno costretti a mangiare ratti, rospi e serpenti. Nell’inferno dantesco i golosi sono condannati a sguazzare nel fango sotto ad un pioggia nera e gelida.
Simbologia : La gola viene comunemente associata all’arancione e al maiale.
Virtù Opposta :Temperanza. Accettare e preservare l’equilibrio e il limite naturale dei piaceri è temperanza. Ciò non riguarda solo il cibo, ma anche l’intrattenimento e gli altri beni legittimi, persino la compagnia degli altri.
Esempio Letterario: La scopa del sistema (David Foster Wallace).
Norman Bombardini in questo libro viene lasciato da sua moglie a causa dei suoi peccati di gola. Ma non è tutto… Lui punta a crescere a dismisura per poter divorare il mondo intero.
Lussuria è voglia intensa, dissolutezza e il suo costante bisogno.
Solitamente desiderio sessuale sfrenato che porta alla fornicazione, adulterio e stupro. Tuttavia, lussuria può indicare anche il desiderio in generale, quindi la brama di denaro e potere. Secondo Henry Edward, l’impurità della lussuria trasforma uno in “uno schiavo del diavolo”.
Lussurioso è chi soccombe a tutti gli impulsi e capricci, indipendentemente dalle conseguenze.
Ciò significa vivere interamente nel ventre, rifiutando di formare un’entità più completa attraverso mente e cuore. Abbandonarsi totalmente agli istinti e agli aspetti animali dell’esistenza.
Via d’uscita dalla lussuria è il piacere consapevole. Sapersi controllare, bilanciando impulsi e razionalità.
Pena Capitale : I condannati saranno soffocati dal fuoco e dallo zolfo.
Simbologia : La lussuria è associata al colore blu e alla mucca.
Virtù Opposta :Autocontrollo / Castità. L’autocontrollo impedisce al piacere di uccidere l’anima per soffocamento. La lussuria è un impulso autodistruttivo sproporzionato verso il piacere rispetto al suo valore. Potere, sesso ed immaginazione possono essere sfruttati, ma tendono loro per primi a sfruttare e a far perdere il controllo.
Esempio Letterario: Lolita (Vladimir Nabokov).
Humbert Humbert è un uomo rovinato dalla lussuria. Ossessionato dalla dodicenne Dolores “Lolita” Haze, Humbert si rende disposto a tutto pur di conquistarla.
Ira è un sentimento incontrollato, rabbia e odio allo stato puro.
La frase “Sono stato offeso e devo difendermi” cela al suo interno il presupposto che porta al peccato, scaturendone l’energia propulsiva. Il mondo intero viene, in sostanza, percepito come nemico e ostile.
Una persona in preda all’ira non crede ci possano essere amore, amicizia e compassione.
La vita diventa un videogioco picchiaduro a scorrimento anni ’90, una lotta costante dove ognuno è il prossimo da abbattere. A chi non combatte viene portato via ciò che possiede.
Si può guadagnare rispetto e riconoscimento solo attraverso la lotta. La convinzione alla base della rabbia sta nel malinteso che l’essere umano sia povero ed indifeso. Quindi sia necessaria una forte corazza per prevenire lesioni e ferite.
Questa collera spesso si rivela nel desiderio di vendetta. Nella sua forma più pura, l’ira è violenza e può provocare faide che possono andare avanti per secoli. Si può anche manifestare nell’impazienza, misantropia e comportamenti autodistruttivi.
Pena Capitale I condannati saranno smembrati vivi.
Simbologia L’ira viene associata al rosso e all’orso.
Virtù Opposta :Gentilezza. Gentilezza significa prendere l’approccio tenero, con pazienza e compassione. L’ira è spesso la nostra prima reazione dovuta all’impazienza rispetto ai difetti o problemi degli altri.
Esempio Letterario: Arancia Meccanica (Anthony Burgess).
Arancia meccanica presenta un futuro straziante, in cui i criminali gestiscono la notte, violentando, uccidendo e distruggendo qualunque cosa. Alex racconta in prima persona la patologia sociale che coinvolge lui e i suoi compagni, i quali non sono semplicemente arrabbiati, ma in preda ad un’ira cieca, senza scopo.
Sesto peccato capitale è l’Avarizia.
Diversamente da ciò che si può pensare, l’etimologia latina Avaritia non ha il significato del termine italiano “avarizia” ovvero tirchieria e taccagneria. Designa invece la bramosia di denaro e altri beni, viene perciò intesa quasi più come avidità. Deriva infatti da AVEO che significa desiderare in modo smodato ed istintivo.
Nell’avaro la paura ha un ruolo centrale.
Ci si lega così tanto al terrore della povertà che, in modo paradossale, si diventa effettivamente poveri.
Essere avari significa non avere alcuna sicurezza e mancare di fiducia alla pienezza della vita.
A livello materiale si può temere i propri averi vengano portati via. Quindi si accumula tanto, anche oggetti di poco conto, e si lotta per poter conservare il tutto.
A livello mentale l’avarizia porta a nascondere se stessi e a non usare le proprie abilità.
Ciò significa limitare se stessi e non evolversi:
Chi non usa le proprie capacità le perderà e non trasmetterà nulla agli altri.
Tommaso d’Aquino scrisse: “L’avidità è un peccato contro Dio, proprio come tutti i peccati mortali, in quanto l’uomo condanna le cose eterne per il bene delle cose temporali”.
Henry Edward sosteneva l’avarizia “immerge un uomo nel fango del mondo, così da renderlo il suo dio”. Come la superbia, può portare non solo ad alcuni, ma a tutti i mali.
Si può sfuggire all’avarizia solo attraverso la generosità: un’apertura necessaria verso gli altri e verso se stessi.
Pena Capitale : I condannati saranno gettati vivi nell’olio bollente. Nel Purgatorio di Dante, i penitenti erano legati e posati a faccia in giù sul terreno per essersi concentrati eccessivamente sui pensieri terreni.
Simbologia : L’avarizia viene associata al colore giallo e alla rana.
Virtù Opposta :Generosità. L’avido vuole sempre ottenere il suo “giusto compenso” oppure qualcosa in più. Lasciare che gli altri ottengano il merito o la lode. Dare senza avere l’aspettativa di ricevere alcunché dall’altro. Tutto ciò è generosità e va oltre il denaro.
Esempio Letterario: Le Anime Morte (Nikolai Gogol).
Al di là di alcuni personaggi, come quello di Pljuškin per esempio, l’intera opera è permeata dall’avidità. Basti pensare al concetto cardine del romanzo: Arricchirsi rapidamente comprando servi morti e prendere un prestito contro loro.
Nell’antica Grecia, il lavoro fisico non nobilitava l’uomo, era di fatto considerato un tratto distintivo degli schiavi. L’ozio, d’altra parte, era lungi dall’essere rigettato come moralmente disdicevole.
La “vita contemplativa” caratterizzava gli artigiani più puri e raffinati.
Tutto ciò venne a cambiare con il rafforzamento del cristianesimo.
L’Accidia poteva portare a una mancanza di fiducia in Dio, all’inerzia e all’abbandono dei doveri religiosi, specialmente tra eremiti e altri monaci.
Proverbiale divenne la dichiarazione “Chi non vuole lavorare, neppure mangi” scritta da San Paolo nella seconda lettera ai Tessalonicesi.
Il riferimento è quello al primo libro della Genesi 3, 10: “Con il sudore del tuo volto mangerai il pane” San Benedetto (480-547). Il fondatore dell’ordine dei Benedettini, affinava l’etica del lavoro al ben noto proverbio latino “Ora et labora”.
L’ozio diventò così il “nemico dell’anima”.
Tuttavia, la cattiva nomea che l’accidia si è fatta, non è solo dovuta al suo stato di peccato mortale. Pensiamo ad esempio all’Etica protestante del lavoro del sociologo tedesco Max Weber e alle famose parole di Benjamin Franklin “Il tempo è denaro”.
Attraverso i secoli la pigrizia si emancipò in questo modo dal monachesimo e raggiunse tutti i cittadini.
Oggi il termine indica inerzia e indolenza dovuta a noia.
Mentalmente, l’accidia è una serie di componenti distintivi, tra i quali il più importante è l’anaffettività, la mancanza d’ogni sentimento per sé o per gli altri. Uno stato mentale che dà origine a noia, rancore, apatia e ad una mentalità inerte, pigra o passiva. Fisicamente, l’accidia è fondamentalmente associata ad una cessazione del movimento e ad un’indifferenza al lavoro. Trova espressione nella pigrizia, nell’ozio e nell’indolenza.
Pena Capitale : I condannati saranno gettati vivi in fosse piene di serpenti.
Simbologia : L’avarizia viene associata al blu e alla capra.
Virtù Opposta :Zelo. Diligenza, ovvero portare a termine con entusiasmo ed energia i propri obiettivi. Tutti i peccati capitali lavorano assieme per attutire i nostri sensi spirituali. Secondo la concezione cristiana quanto prima si diventa lenti a rispondere a Dio quanto più ci si addentra completamente nel sonno del compiacimento.
Esempio Letterario: Oblomov (Ivan Goncharov).
Caratteristiche distintive di Il’ja Il’ič Oblómov sono accidia e il suo atteggiamento indolente nei confronti della sua vita. Caratteristica che lui eleva quasi a forma d’arte, conducendo tutti i suoi piccoli affari quotidiani dal suo letto.
Film sui 7 Peccati Capitali
Quella dei peccati è una tematica che da sempre ha affascinato la cultura occidentale. I primi film inerenti la materia risalgono agli albori del cinema stesso. Basti pensare alla serie firmata Louis Feuillade e all’opera perduta di Georges Méliès dell’anno 1900.
Da allora sono state prodotte numerose opere sui sette vizi:
I SETTE PECCATI CAPITALI, produzione italiana con l’attrice Francesca Bertini.
Ispirata al romanzo di Eugène Sue, l’opera si divide in sette episodi muti girati fra gli anni 1918 e 1919.
I SETTE PECCATI, lungometraggio del 1942, diretto da László Kish e tratto da un racconto originale di Zoltan Magyivanyi.
Con la speranza di trovare l’anima gemella, un ragazzo dissemina per la città copiose lettere d’amore. Avendo un contenuto abbastanza tragico, questi messaggi finiranno per incuriosire più persone, intrecciando assieme le loro storie.
I SETTE PECCATI CAPITALI film del 1952 che si articola in sei episodi (realizzati da diversi registi italiani e francesi – fra i quali Roberto Rossellini ed Eduardo De Filippo) con un unico raccordo diretto da Georges Lacombe.
In un Luna Park, un saltimbanco (Gerard Philip) invita il pubblico a scoprire i peccati mortali mediante un’attrazione che condurrà alle trame dei singoli episodi.
LES SEPT PÉCHÉS CAPITAUX co-produzione italo-francese del 1962, sette episodi, ciascuno ispirato a un peccato capitale. Regia: Philippe de Broca (Gola), Claude Chabrol (Avarizia), Jacques Demy (Lussuria), Jean-Luc Godard (Accidia), Édouard Molinaro (Invidia), Roger Vadim (Superbia), Sylvain Dhomme e Max Douy (Ira).
Les Sept Péchés Capitaux inizia con la morte di un motociclista (Maurice) che arriva in paradiso (o è l’inferno?) e Dio immediatamente gli chiede notizie della Terra.
Sembra infatti che le cose stiano andando male e che le virtù e i peccati non siano quello che erano. Maurice racconta così: povertà, coraggio, purezza, modestia, onestà, tenerezza e speranza.
SE7EN diretto da David Fincher nel 1995 è un giallo metropolitano con Morgan Freeman, Gwyneth Paltrow, Kevin Spacey e Brad Pitt.
Candidato agli Oscar per il miglior montaggio, SEVEN ci spinge dentro la mente di un serial killer che usa i peccati capitali come motivo nei suoi omicidi.
Ora, per quanto alta sia la concentrazione delle pellicole “viste” dai peccati, rare sono quelle in cui vi hanno partecipato. Spesso bistrattati o ridotti a macchietta, ho trovato fosse essenziale riportarli alla loro ombra, lontano dai riflettori che non illuminano, ma nascondono.
Da qui l’idea di creare un film che andasse oltre a quelli fatti in precedenza. Un film che incarnasse il peccato in se.
7 Peccati Capitali in Cortometraggi D’Autore è un lungometraggio che non vuole infatti “rappresentare”, ma “essere”, come da etimologia.
Nel trailer, la musica di Francesco Zavatti (Wheel of Knowledge) accompagna una scena nascondendone altre al suo interno.
Allo stesso modo, celati nell’ombra, i sette peccati infestano questo film, senza mai essere dichiarati espressamente.
Essere e mancare.
Allo spettatore non resta che abbandonare il suo ruolo per poterli finalmente scoprire.
Non si tratta dunque di un film per spettatori. Occorre prendere parte attiva, ed entrare a far parte del gioco o-scenico.
“7 Peccati Capitali in Cortometraggi D’Autore” incarna il peccato in se a partire dal titolo.
L’autore, come affermava Jacques Derrida, non esiste. Qua si va oltre.
Non si va verso la superbia, si è la superbia.
Diventa dunque necessario dividersi.
Come sosteneva Paul Valéry, i vizi fra loro in una certa misura si neutralizzano.
Un uomo orgoglioso riesce raramente a trovare posizioni invidiabili oltre alla sua. Così come l’avaro non potrà mai vivere nella lussuria.
7 peccati, 7 diverse troupe composte da registi diversi.
Maurizio Parascandolo, Federico Demetrio Regoli, Riccardo Cavani, Fabio Cucchiara, Federico Attilio Perugini, Alberto Boni, Luca Lamorte, Francesca Bonettini, Domenico Guidetti, Daniele Marconcini e Andrea Zanoli – Videoteppisti.
Questi sono i nomi principali dietro ai sette cortometraggi che compongono il film.
Ogni corto richiama uno specifico peccato, senza che questo venga mai dichiarato espressamente.
Non si pecca d’accidia, si è accidia.
Finalmente un film che consenta di chiudere gli occhi per poter vedere meglio.
“7 Peccati Capitali in Cortometraggi D’autore”
Commento recensione di Willer Comellini
I sette peccati capitali.
Da anni non assistevo ad una così emozionante esperienza di cinema.
Negli anni 1974 / 1976 bastava recarsi a Modena, in una qualsiasi sera, che, ad esempio, alla saletta di Palazzo dei musei, ci trovavi la Cina di Joris Ivens.
Oppure, sempre lì, ci trovavi un poetico e rigoroso Robert Joseph Flaherty con tanto di dispute finali tra il pubblico sul primato del documentario impegnato e sociale su quello dei valori universali e del sapiente impasto estetico.
All’Embassy ci trovavi il ciclo dedicato ai registi greci, oppure il cinema israeliano ed israelita. Poi, ricordo ancora, cicli di lezioni ad ingresso gratuito sul cinema espressionista tedesco, le avanguardie francesi e René Clair. Adelio Ferrero, Alberto Abruzzese, Giovanna Grignaffini, Leonardo Quaresima, erano sempre lì a discutere con te.
Ad inizio anni ’80 furono il Rialto e l’Angelo azzurro di Bologna a proporre le migliori pellicole. Poi più nulla o quasi nulla, almeno qui da noi, venne la crisi del cinema e delle sale, o meglio, quella dei film e di un certo cinema. Proliferarono i cinepanettoni e le tecnoproduzioni, con i loro tranquillizzanti modelli e il culto degli effetti speciali.
Per questo sgranavo gli occhi e tendevo gli orecchi nel vedere ed udire questi sette stupendi cortometraggi, di notevole impegno intellettuale e costruiti con la fantasia di chi non si accontenta di rivisitare vecchi luoghi e non teme le insidie del nuovo senza cedimenti alle mode e comodità della produzione digitale e supertecnologia o a quello che chiamano 3D, ma che non è altro che il riaggiornamento della vecchie tecnica dell’anàglifo (1853, Joseph D’Almeida).
Pare sempre poco rispettoso introdurre paragoni o citare referenti, però è utile per trasmettere a chi non era presente l’atmosfera del momento ed il tono d’insieme dei sette filmati. In questo senso il primo pensiero che mi viene è l’umore dissacrante del miglior Luis Buñuel.
Il santo diritto di porre in discussione le sacre convenzioni sociali e morali di una società che arriva ad essere quel che è non come fatto intrinseco ed ineluttabile o per evoluzione naturale, ma come mero esempio, puro caso, limite stesso di come invece non sia potuta addivenire e svilupparsi diversamente.
I sette filmati sono accomunati da una convinta irriverenza verso ogni convenzione morale, lungi dal trattare con intento morale una questione così scivolosa come quella del peccato. L’idea che esista una morale guida è solitamente tranquillizzante e socialmente ben accetta, ma il dubbio che la natura umana non sia di natura costretta nelle anguste gabbie ove viene sovente relegata, sfora prepotente da ogni fotogramma.
Non proprio sette cortometraggi adatti alla catechesi dei fanciulli!
Sette sanguigni saggi sull’umanità e l’umanesimo in grado di infrangere le gabbie delle pulsioni dormienti e di scardinare i comodi assunti delle nostre tranquillizzanti e pigre abitudini progettati per la promessa di redenzione. La violenza non come panacea dei conflitti e delle aspirazioni personali o come spettacolo puro, ma nemmeno come entità irriferibile, sconveniente e totalmente avulsa dalla natura umana.
Erotismo, e voluttà non come esperienza in se stessa risolutrice e liberatoria, ma nemmeno come malattia o turba psichica.
Piacere non come viatico per la felicità, ma nemmeno come entità il cui soffocamento rappresenti la vera natura umana e non la sua costrizione sociale. L’orgoglio non come valore assoluto e senso ultimo dell’individuo ma nemmeno puro atto di presunzione e sopraffazione.
Una ridda, insomma, di ipotesi, contro ipotesi, insinuazioni mai prosaiche in grado di portare, finalmente, un po’ di discussione circa ogni assuefatta abitudine e in grado di farci uscire dalla sala con qualche certezza in meno ma con qualche sensibilità rigenerata e, magari, con qualche sentimento in più… Non importa se di quelli considerati buoni o considerati cattivi.
Grazie registi
Willer Comellini
Libri e Letture Consigliate
Come abbiamo avuto modo di vedere nella sezione “Quali sono i 7 peccati capitali“, sono numerose le opere ispirate ai vizi dell’uomo. Dalla “Lisistrata” alla “Scopa del Sistema” i peccati hanno attraversato la letteratura raccontando varie epoche.
Segnalo alcuni testi per chi volesse approfondire l’argomento:
Dante Alighieri descrive la vita umana come una selva oscura, ricca di insidie e tentazioni. Occorre passare attraverso i peccati per sormontare l’inferno e gioire della presenza di Dio. La stessa Divina Commedia potrebbe essere definita come un lungo viaggio alla scoperta del male verso la redenzione.
Summa Theologica è l’opera principale di Tommaso d’Aquino a cui ha dedicato gli ultimi anni della sua vita. Testo composto con finalità pedagogica, si divide in tre parti, nella seconda delle quali vengono trattati vizi e virtù dell’uomo.
Il “Racconto del Parroco” contenuto nei Racconti di Canterbury è un lungo e solenne trattato nel quale vengono descritte immagini ed idee comuni ai peccati capitali in epoca medioevale. Geoffrey Chaucer e Dante mostrano entrambi come i sette vizi furono usati per scopi confessionali o come modo per identificare se stessi, pentirsi e trovare il perdono.
Nel saggio “La France contre les robots” Georges Bernanos sostiene che il sistema economico renderà sempre più proficuo speculare sui peccati. Infatti ci sarà sempre più da guadagnare soddisfacendo i vizi dell’uomo rispetto ai suoi bisogni. Questo saggio, disponibile ora in lingua italiana, è di un’attualità incredibile, se pensiamo che è stato scritto nel 1948.
Lo scrittore spagnolo Wenceslao Fernández Flórez nel romanzo Las siete columnas (Le Sette Colonne) trova i peccati capitali siano indispensabili. Sostiene essi siano alla base della società, senza loro il mondo non potrebbe girare. Senza torneremo, in pratica, tutti ad una sorta di passività indolente che ci condurrebbe al caos.
Umberto Galimberti in I vizi capitali e i nuovi vizi, non solo propone una rilettura contemporanea ai peccati, ma ne indica dei nuovi. Consumismo, sociopatia, conformismo e il culto del vuoto sono solo alcuni di quelli trattati nel suo libro. Qui di seguito, l’intervento completo di Galimberti sul tema.
Note :
Le figure dei vizi sono ad opera dell’incisore francese Jacques Callot (1592 – 1635).
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